Il tempo dell’infanzia e le sue prime Comunioni”
b) le prime comunioni
Appena un cenno agli avvenimenti di Teresa riguardanti la sua “strana malattia” datata 25 marzo 1883, risoltasi con l’intervento della Vergine del Sorriso, momento in cui scopre il viso Materno del Cielo ( Pentecoste, 13 maggio 1883).
Il periodo non è certo facile per Teresa: perde la sua seconda mamma con la partenza di Paolina (futura Madre Agnese), il 2 ottobre 1882. Tutto ciò genererà nell’animo della piccola, turbe psicologiche gravi, che saranno guarite in maniera soprannaturale; ciò sarà motivo per dare ancora più consistenza alla sua relazione privilegiata con il Buon Dio.
Ma passiamo all’anno 1884, anno in cui lei si prepara con grande fervore alla sua Prima Comunione. Un ritiro di tre giorni tenuto da D. Domin (con una preparazione assai terrificante) non attenuerà la qualità mistica del “più bel giorno tra i più bei giorni” che viene paragonato a una giornata di Cielo: “Ah come fu dolce il primo bacio di Gesù alla mia anima!… Fu un bacio d’amore, mi sentivo amata e perciò dicevo: “Vi amo, e mi do a voi per sempre”.
Non vi furono domande, non lotte, non sacrifici: da molto tempo, Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti… Quel giorno non era più uno sguardo ma una fusione, non erano più due: Teresa era scomparsa, come la goccia d’acqua che si perde nell’oceano.
Restava Gesù solo, Egli era il padrone, il Re. Teresa non gli aveva forse chiesto di toglierle la libertà, perché la libertà le faceva paura, e si sentiva così debole, così fragile che voleva unirsi alla forza divina?” (Ms A 35 r°).
Teresa vive la sua prima visita di Gesù – Ostia come una “fusione”. Le caratteristiche dell’esperienza sono quelle dell’Amore: il dono di sé definitivo coi suoi corollari, l’annullamento di sé e il desiderio di consegnare la propria libertà a Dio e alla forza divina. L’incontro eucaristico ha un forte sapore nuziale: il bacio d’amore di Gesù alla sua anima, produce in Teresa la certezza di sentirsi amata.
Certo, qualcosa di forte e definitivo è avvenuto in lei, tanto da poter dire: “Vi amo e mi do a voi per sempre”. Il bacio dello Sposo alla sua anima e la libera donazione di Teresa, è espressa con la parola fusione, scomparsa. Da una testimonianza di Sr. Enrichetta, la piccola Teresa in quel giorno, chiede a Gesù di morire d’amore: “Alla ricreazione una bambina mi disse: “Se sapeste, sorella, ciò che Teresa ha domandato al buon Dio durante il ringraziamento…
Ha chiesto di morire. Che paura!” Teresa la guardava con compassione, senza dire nulla. Prendendo io la parola, dissi loro: “Voi non avete compreso; sicuramente Teresa ha domandato come la sua Santa patrona, di morire d’amore!” Allora lei si avvicinò a me e guardandomi negli occhi disse: “Voi, sorella mia mi comprendete… ma loro!” (Cfr. G.Gaucher)
Del resto, ci sembra che, proprio fin da questo santo giorno di Paradiso, Teresa abbia posto le basi, parlando di fusione, per assimilare in sè un Gesù tutto intero, senza escludere nulla della sua vita di Redentore, passando così dal Gesù Bambino del presepe al Gesù della passione, contemplato nel suo Volto sofferente e sfigurato.
La sofferenza unita all’amore
La seconda Comunione eucaristica avrà una risonanza più specifica nella giovane personalità di 11 anni; Teresa si offrirà senza alcuna riserva all’invasione divina. Il 22 maggio 1884, giorno dell’Ascensione del Signore, seconda Comunione, segna il suo primo incontro mistico con la sofferenza, ascoltiamola: “…Che dolce ricordo ho serbato di quella seconda visita di Gesù! Le lacrime mi sgorgarono ancora con ineffabile dolcezza; mi ripetevo:“Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me.” (Ms A 36 r°)
Si crea in lei una vera fame eucaristica, fonte di un fascino singolare per la sofferenza:
“Sentii nascere nel mio cuore un grande desiderio della sofferenza e nello stesso tempo l’intima certezza che Gesù mi riservava un gran numero di croci”.(Ms A 36 r°)
Attraverso le prime comunioni, Gesù fa sentire a Teresa la profondità del suo cammino pasquale, le fiamme del grande olocausto che consumeranno la sua vita. L’attrazione verso il mistero del crocifisso si accompagna a grandi consolazioni: “Mi sentii inondata di consolazioni così grandi che le considero come una delle grazie più grandi della mia vita. La sofferenza divenne la mia attrattiva, aveva per me un fascino che mi rapiva senza che la conoscessi bene.
Fino ad allora avevo sofferto senza amare la sofferenza:
da quel giorno sentii per essa un vero amore.” (Ms A 36 v°) Teresa sente quindi un vero amore per la sofferenza: ne è letteralmente invasa, ma afferma A .Combes: “questa conversione alla sofferenza è ancora incapace di analizzare questa impressione nuova”, sta di fatto che Teresa ne è afferrata nel suo profondo, è sedotta dal mistero d’Amore della croce di Gesù.
Va sottolineato che questa grazia, Teresa la considera, come una delle più grandi della sua vita.
Questa comprensione del mistero della sofferenza non ha ancora la risonanza universale che scoprirà fra tre anni, tuttavia le è fatto potentemente dono di essere associata a Gesù nella sofferenza.
Amore e desiderio di quella sofferenza portata e assunta dall’ Amore infinito che è Gesù.
Gesù fa risuonare chiaramente in Teresa un’attrazione positiva, irresistibile per la sofferenza, le insegna segretamente come questa sia abitata da Lui.
D’altra parte questo suo mutamento interiore sembra fare eco anche a una preghiera costante e ispirata, durante i suoi incontri eucaristici con Colui che solo desidera amare:
“Sovente durante le mie comunioni ripetevo spesso queste parole della Imitazione: “O Gesù! Dolcezza ineffabile, cambiate per me in amarezza tutte le consolazioni della terra!…”(Ms A 36 v°)