Teresa e i peccatori: nella sua vita un rapporto costante e crescente. A 14 anni capisce che il suo posto è «sotto la Croce» per spargere sui peccatori il sangue di Gesù, e proprio a lui chiede un segno di gradimento. Lo ottiene: Enrico Pranzini, pluriassassino impenitente, già sulla ghigliottina, bacia tre volte il Crocifisso. È il «suo primo figlio». Ne seguiranno tanti, laici e preti, ma alla fine arrivano in folla. Negli ultimi 18 mesi di vita subisce la prova più tremenda. Lei che ha vissuto solo di fede e per il cielo, «non sente» più la fede: è sommersa dalle tenebre e dai dubbi.
Diventa “sorella” degli atei, dei disperati, seduta con loro «alla tavola dove mangiano i peccatori», che sente veri “fratelli”. Nella tempesta, reagisce: «Credo di aver fatto più atti di fede ora che in tutta la mia vita». Ma acconsente a restare lì, con i peccatori, i senza fede, i disperati, fino alla fine. Non basta: elabora una teologia del peccato tutta sua. Attorno a lei vivono Dio come “giustizia” inesorabile. Per lei Dio è «Amore, la cui proprietà sta nell’abbassarsi» (Man. A) per amare la creatura. E allora il peccato, nella sua essenza, è un rifiuto, è una «diga opposta all’Amore», a Dio che vuole invadere la sua creatura.
Perciò chi si lascia amare da Dio, senza riserve, trascina i suoi fratelli («Attirami! Noi correremo», Man. C). Non solo. Perciò chi si lascia amare è subito purificato, anche se è il più grande peccatore. Sono le ultime righe della Storia di un’Anima : «Anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati… andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù…». Alle soglie del 2000 è un messaggio per tutti, soprattutto per chi è alla tavola dei peccatori, dei lontani, dei disperati…