Di grazia che crede e di grazia che spera è grazia che ama.
Gv. 19, 25-40
E’ una delle scene più tragiche del Vangelo, e in particolare il brevissimo dialogo tra il Crocefisso e sua Madre, richiede da noi un certo sforzo per essere compreso, non nelle parole, certamente, ma in ciò che propone, perché va molto oltre le nostre misure ordinarie di amare.
Perché dico così? Eh, lo potete bene intuire.
Maria riceve e accetta, come figlio adottivo, un povero uomo, Giovanni, figlio di Zebedeo mentre sta perdendo il suo proprio Figlio. Il suo figlio naturale, nato dal suo grembo, allattato dal suo seno, curato da tutta la sua vita il quale è l’uomo perfetto perché è Dio.
Ecco lo scambio. Ecco lo scambio fortemente drammatico e se Maria non fosse Maria, dovremmo dire, tragico.
Misurate la riduzione dell’orizzonte d’amore, per Maria… Colui che ha amato totalmente sta andandosene e al posto, ‘Ecco tuo figlio’. Commentando questa scena, Bernardo, San Bernardo, dice ‘Che scambio! Giovanni al posto del Figlio, un uomo al posto di Dio. – e continua - Il ricordo di questo scambio spezza i nostri cuori che sono di sasso e di ferro. Dunque chissà che cosa accadde nel cuore di Lei?’. Dunque, poche righe che raccontano una grande pagina della storia della Madre di Dio
È proprio questa scena che ci aiuta a capire come amava Lei, come era capace di amare Lei. E questo per ammirarla, ma come sapete, anche per imitarla nello stesso Spirito Santo. Già Lei non sapeva che vivere di amore, non è vero?!… Quando si è senza peccato; quando lo Spirito penetra nel profondo del nostro piccolo spirito, arriviamo a questo alto livello di cui pure i santi ci hanno dato delle belle testimonianze: si vive perché si ama qualcuno.
Lei visse in pienezza questo livello e tutta la sua vita, ce la immaginiamo, Gesù era soltanto suo figlio. Non possiamo, anche dal punto di vista psicologico direi biologico, renderci conto di come fosse stretto il legame, fra Lei e Lui, Lui e Lei, dal punto di vista genetico era tutto, solo suo.
Mettete due cuori che siano perfettamente capaci di amare e cercate di valutare questa corrente di interazione di amore, questa reciprocità, profondissima, che negli anni poi, quanto più si conoscevano, è cresciuta. La vita di Maria, dal punto di vista affettivo, è tutta qua. Cresciuta in questo amore. E se Maria è arrivata fino al Calvario, non dobbiamo dimenticare, eh, che non era soltanto madre, ma era anche discepola.
È salita al Calvario dietro a Dio o dietro a suo Figlio?. Eh, fate presto a rispondermi: ‘dietro a tutti e due!’. Proprio così. Seguiva suo Figlio, il suo amatissimo Figlio, il Gesù della culla di Betlemme, che era Dio. E seguiva Dio, da discepola, con piena fede, quel Dio che era diventato suo Figlio e comprendete che sono due amori che si intrecciano in modo misterioso: quello della Madre e quello della Discepola…
Quello dunque che ha concepito il Verbo, nel suo grembo, ma prima ancora – avrebbe detto Agostino – nella sua Fede e nel suo profondissimo amore.
Lei era lì, e in questo momento Gesù finisce. Sta finendo la sua vita e in che modo? Non ci sarà più, tra poco, ed Ella rimarrà sola. Se non fosse Maria si potrebbe dire: ‘ecco una madre distrutta!’. E tanto più distrutta quanto tutta la sua vita, come ricordavamo, è stata vissuta in questo palpito, profondissimo, di amore umano e divino. Scompare Gesù e tu rimani un’ombra… e diventi una specie di lutto infinito ormai perché non c’è rimedio. Così ragioneremmo noi!. Sarebbe forse il tema di una grande tragedia poetica. Ma Lei non ha vissuto semplicemente così: ‘Tu muori e io muoio con te e scompaio, non mi si chieda più nulla perché ho perduto te!’, non è così che Maria risponde. E Maria non risponde così perché?… Eh, fratelli e sorelle, perché c’eravamo anche noi e ci siamo anche noi. Quel Giovanni che, come è ben noto, è simbolo di un’umanità intera.
Né Gesù, né Lei potevano, in quel supremo dramma di amore che gli univa, dimenticarci, non potevano! L’amore non dimentica proprio nessuno, voi che amate lo sapete benissimo. Così si apre qualche cosa di nuovo per Lei; la sua grandezza di amore, la sua capacità diventa piena di luce perché?!… Perché ci accetta, ma accettare è dire poco, perché ci accoglie, perché… ci prende dentro il suo cuore, come è tanto più grande di noi vero?!.
Noi non siamo capaci, umanamente, di un amore così grande, a noi non ci è possibile, non è colpa nostra, siamo… povere creature limitate. Siamo capaci di ‘qualche’ affetto ed è già bello ed è già tanto se viviamo, nella vita, fedeli e forti in qualche affetto tra i miliardi di persone che abbiamo attorno. E quando poi accadesse, nella vita, che la persona più amata scompare, eh, cosa ci insegna l’esperienza?!, che questa morte ci distrugge, appunto. Non abbiamo più voglia di vivere, non sappiamo più che cosa fare, per chi vivere, ecco. Noi siamo fatti così, invece Maria, piena della Grazia e della Carità, ama divinamente, il suo cuore è pronto per noi e quando da quella Croce, scende quella voce del Figlio, ebbene sì, l’avrà sentito lo scambio !… Era profondamente umana…, ma l’ha sentito come un dono in più che le era chiesto a nostro favore.
Giovanni Paolo II nella sua, molto bella Enciclica su Maria, e con dei suoi geniali momenti teologici, ma anche mistici, capisce così questo momento: Dal momento del Golgota sgorgò in Maria – dice – una nuova maternità. Una nuova maternità frutto del nuovo amore che maturò definitivamente in Lei ai piedi della Croce.
Eh, dove il nostro amore ci chiude il suo amore la apre e diventa Madre, proprio lì. È molto bella questa intuizione profonda di Giovanni Paolo II. L’amore per gli ultimi, eravamo noi gli ultimi!; per i più poveri, eravamo noi i più poveri; per i non amabili, eravamo noi i non amabili, non il suo Figlio Gesù. Quel povero Giovanni che stava, anche lui, per sprofondare nel buio di una fede molto vacillante o perduta…
Ebbene, è così. Il Papa dice ‘maturò’, è molto saggio anche questo perché non è che Maria non amasse prima, pensate lo stesso cantico che Luca mette sulla sua bocca; non è neanche un magnifico aprirsi alla miseria degli uomini… E sì, i poveri, gli ultimi, gli affamati, finalmente saranno trattati come vanno trattati!. Sì, pensate Cana…, la delicatezza, la cura…; oh, certo che amava, Maria!. Ma non amava così, non amava così; la maturazione giunge proprio quando accetta con amore noi, ossia, accetta la Chiesa.
Infatti, il Concilio Vaticano II, la definisce Madre di Cristo e Madre della Chiesa, espressione, per noi, divenuta molto comune, ma recente nella Teologia mariana, è bellissima…, sgorgata là!. Sgorgata proprio là!.
Agostino commentava dicendo: Maria ha cooperato con la sua Carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, che siamo noi, figli di questo cuore straziato. Pensate un po’…, quanto dunque ci ama, anche adesso, Maria. Se ci ha accettati in quel momento come gli siamo diventati cari…, era il momento in cui il suo cuore, aperto, svelava a Dio l’intimo di se stesso. È proprio in quell’intimo del cuore di Lei Cristo ci ha deposti: Lo amerai come tuo figlio, gli amerai e saranno i tuoi figli. Tutto questo proprio perché Lei sapeva amare.
Eh, fratelli, soprattutto oggi, nella nostra cultura non solo complessa, ma piuttosto sconvolta e piuttosto confusa è bello ricontemplare che cos’è l’amore, se è questo. Perché dietro la parola ‘amore’ – insegnate a me – quante mai cose, esperienze, situazioni si possono mettere: dalle più sublimi alle più sorbide; dalle più belle alle più vergognose, tutto sembra amore…
Ma se si guarda Lei si capisce di nuovo: tu ami quando vuoi, appassionatamente, il bene dell’altro…, non il tuo soltanto. E dico ‘appassionatamente’ non per aggiungere una parola di enfasi, ma perché Lei, nella passione di Cristo, era appassionata, altrimenti non avrebbe resistito all’intensità di quella situazione, e invece ha resistito. Quando vuoi appassionatamente il bene dell’altro, tu hai il diritto di dire: ‘ecco io amo’. Quando di questo ‘altro’ ti prendi cura, fino alla fine, ti metti completamente in giuoco… Eh, questo Crocefisso così messo in giuoco da morire in quel modo da morire per noi, cosa non avrà imparato Lei?!… Sì, ha imparato da Lui fin dove arriva l’amore, il prendersi cura dell’altro.
Anche Lei s’è messa tutta in giuoco. E questa capacità, badate, la conserva pienamente ad essere nel cielo, anzi, è il suo lavoro – potremmo dire così – prendersi cura di noi, di Gesù non ha più da curarsi in quanto è Gesù, ma devi curarsi di Lui in noi perché Gesù vuole crescere in noi – sappiamo bene, siamo i suoi tralci – e Lei si cura del suo Gesù in ciascuno di noi, oggi e domani, sempre!.
Siamo continuamente nel flusso misterioso della sua maternità. Oh, badate!, che noi lo sappiamo o che noi non lo sappiamo; che noi lo accettiamo o che noi non lo accettiamo, queste sono cose nostre. Ma il piano di Dio è… ‘Tu crescerai perché questa Madre si curerà di te e coltiverà il suo Gesù in te e te, nel suo Gesù!’.
Com’è saggio saperlo!, com’è saggio sapere questa grandissima capacità e volontà di Maria; ed è anche bello, sapete, perché anche se l’amore di Gesù Cristo è infinito perché divino e quindi non è paragonabile a quello di Lei perché è molto più grande, Lei stessa rispecchia questo amore, noi, che siamo creature della paura, qualche volta esitiamo ad accostarci a Gesù perché – e il tempo di Avvento ce lo sta ricordando – Egli, è pure e sarà, il Giudice della storia, a pieno titolo, è Dio!. E se non lo conosciamo abbastanza bene nella sua infinita tenerezza per noi, ecco, un poco di… sbagliato timore ci trattiene, temiamo i suoi occhi severi…, non è giusto, ma ci accade e, proprio a questo proposito, ancora San Bernardo diceva: Ringraziate Colui, che è Dio, il Padre, la cui Provvidenza dolcissima e misericordiosissima, vi ha donato una tale mediatrice dalla quale non avete, assolutamente nulla da temere perché Maria non ci giudicherà mai. È soltanto una madre, non è più buona di Gesù, questo è ridicolo ed è anche sbagliato teologicamente. Ella prende da suo Figlio, ma ha questo compito tutto particolare: ‘non tocca a me giudicare Figlio, sei Tu Dio, a me tocca accogliere, amare come ami Tu, essere icona di Misericordia. È molto bello questo perché allora l’amore di Maria, umile, tenero, pieno è a nostra disposizione. Siamo davvero pochi saggi, sapete, se noi ci rivolgiamo poco a Lei, se la nostra devozione a Maria, come si usa dire, è diventata un po’ frettolosa, un po’ meccanica, quando il Rosario detto, ma poi non un rapporto con una persona che sta sempre lì, che è questa, che è viva!, e che ha imparato ad amarci in quel famoso momento. Appoggiatevi all’amore di Maria, raccomandate voi stessi e tutte le persone che voi amate… Non abbiate paura di esagerare con la sua tenerezza, con la sua bontà, con la sua cura per voi… Eh, quando vedremo le cose in cielo, ci accorgeremo che di questa cura di Maria per noi, avevamo colto una piccola parte, ma massima parte era rimasta sommersa nella Provvidenza di Dio; la vedremo quanto ci ha amato, qui, torno a dire, non esagereremo mai a fidarci di Lei perciò ringraziamolo di quell’amore, che proprio in questo momento ha per noi e che la consola e che ci consola.
La ringraziamo e chiediamo, a Lei, di aiutarci.
Maria, Madre del bell’amore, tienici sempre nella tua pietà e nella tua tenerezza, ricordando che siamo entrati nel tuo cuore mentre era lacerato dalla morte di tuo Figlio e che proprio allora, tu ci hai voluti. Ci affidiamo in te in tutto, certissimi del tuo amore. Amen!.
Catechesi tenuta da Mons. G.Pollano – riveduta da Carlo di G.B.